10 novembre 2014

Maria Pawlikowska-Jasnorzewska, Donna-Icaro e Una vecchia, traduzione di Anna Śnieżyńska




Qualche parola in merito ad un possibile nome polacco per il progetto “Uma-fem-inità”



In polacco risulta difficile coniare un’espressione simile. Ora lo spiego.
“umanità” = “ludzkość”/“człowieczeństwo”;
“ludzkość” è un termine neutro, significa il complesso di uomini e donne, ma anche la natura umana, ovvero le qualità del genere umano; “człowieczeństwo” = la natura umana; tutte quelle qualità proprie dell’uomo
“uomo”= “człowiek”/“mężczyzna”
“człowiek” (“ludzie” al plurale) = termine neutro che indica o un uomo o una donna, senza distinzione di sesso
“mężczyzna” (“mężczyźni” al plurale) = uomo = essere umano di sesso maschile
“kobieta” = donna = essere umano di sesso femminile;
“kobieta” (“człowiek”) + “mężczyzna”( “człowiek”) = “ludzie” (“uomini”) , termine a parte, di una radice diversa, che ingloba entrambi i sessi
Si vede che noi polacchi siamo proprio neutri per quanto riguarda il termine per indicare la specie umana: etimologicamente non viene dalla parola “uomo” nel senso biologico, non ha una matrice linguistica maschile come in italiano, per cui secondo il mio modesto parere risulta impossibile creare il neologismo che interessi il progetto “Umafeminità”. 

Ciò nonostante, approvando l'idea di cambiare il vostro "umanità" (troppo legato nell'origine al termine "uomo") in "umafeminità" (rispettoso della donna),
propongo due poesie della mia poetessa polacca preferita che visse nella prima metà del XX secolo, Maria Pawlikowska-Jasnorzewska, che fu una Donna consapevole dei propri pregi, colma di sensibilità unica e di desideri di cui non si vergognava mai.



Maria Pawlikowska-Jasnorzewska



Kobieta-Ikar
Kobieta-Ikar leci dłużej, bo jest lżejsza.
Powietrze ją unosi i wiatr ją chwyta pod ramię.
Wzlatuje bez nadziei, uśmiechnięta jak gejsza -
po czym spada tak ciężko
                                      jak kamień.
Donna-Icaro
Donna-Icaro vola più a lungo perché non pesa niente.
L’aria la solleva e il vento per il braccio l’afferra.
S’innalza disperata, come una geisha sorridente -
e poi come una pietra cade di piombo
                                                         a terra.


Stara kobieta
Zmęczona, ledwie idzie,
na kiju się opiera,
przejechana przez życie
jak przez złego szofera.
Oblicze jej pocięte
jak gdyby ostrym mieczem,
wśród naszych młodych twarzy
zawiewa średniowieczem.
Jest złamana, pogięta,
pocięta, poorana,
i tylko jej kobiecość
to zagojona rana.
Una Vecchia
Stanca, cammina a stento,
si sostiene con un bastone,
travolta dalla vita,
come un pirata travolge un pedone.
Il suo volto solcato
pare opera di un tagliente pugnale,
tra i nostri volti giovani
ha qualcosa di medievale.
È distrutta, storta,
solcata, scavata,
e solo la sua femminilità
è una ferita cicatrizzata.

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